Quando ci sentiamo bloccati, la mente diviene una fucina di pensieri e di emozioni. Per questo motivo affidarsi al corpo ci aiuta a focalizzare meglio il sentire.
In una situazione di blocco, il corpo ci rimanda una sensazione di pesantezza e immobilità. Se affondiamo in questa percezione invece di fuggirla, noteremo che cela un atteggiamento di chiusura.
Le spalle e il busto tenderanno ad incurvarsi rendendo il respiro superficiale e il corpo sarà caratterizzato da uno stato di tensione e rigidità. Comprensibile l'azione frenetica della mente a contrastare la situazione con una serie inenarrabile di iniziative e idee tese a combattere lo stallo.
Se ci ascoltiamo ancora più profondamente noteremo che è la nostra stessa chiusura a determinare una sorta di circolo vizioso che ci intrappola, come se continuassimo a percorrere ostinatamente la medesima circonferenza a senso unico.
In effetti entriamo in blocco proprio quando scegliamo di concentrarci su qualcosa che non procede secondo i nostri piani e riduciamo la nostra esistenza ad osservare il muro dell'incontrollabile.
Visivamente potremmo immaginarci come statue imbronciate e curve su se stesse, vibranti di frustrazione e sfiancate dallo sforzo di cambiare ciò che non è in nostro potere cambiare.
Ecco nascere le brillanti idee volte a cancellare l'inaccettabile. Esse si susseguono veloci tentando di rimpolpare l'immagine di noi stessi che si sta lentamente sfaldando davanti ai nostri occhi.
E più ci inventiamo soluzioni inconcludenti e più ci sbricioliamo di fronte alla realtà delle cose.
Come si può disgregare lo schema? Restando in apertura.
Come si fa a restare in apertura? Si accetta lo stato delle cose (vi sto prendendo in giro? giammai, leggere il seguito!)
Come si accetta lo stato delle cose? Non identificandosi con l'incontrollabile.
Come si fa a non identificarsi con l'incontrollabile? Lo si osserva con distacco.
Come si fa ad osservare l'incontrollabile con distacco? Si utilizza il corpo e si fa tesoro della consapevolezza che esiste colui che osserva (il centro del cerchio) e il conosciuto (la circonferenza) e che il conosciuto non definisce mai colui che osserva a meno che quest'ultimo si lasci fagocitare da esso spostandosi sulla circonferenza e iniziando a correrci sopra con ossessiva ostinazione.
Potrei proseguire ad oltranza, ma poi rischio di complicare le cose.
Mi limiterò a dire che sulla circonferenza vi è un'infinità di conosciuti e se smettiamo di osservarne uno solo potremmo scoprire tante nuove ed interessanti opportunità.