Quando viviamo grandi dolori o preoccupazioni staccare la spina diviene un'esigenza, ma allo stesso tempo può risultare molto difficile farlo. L'essere coinvolti in prima persona non ci dona la possibilità di sottrarci agli eventi e il riuscire a rilassarsi presuppone un'elevata capacità di concentrazione; per noi comuni mortali, riposare focalizzati sul respiro, quando il nostro mondo va a rotoli è un'impresa titanica. Il corpo risente, quindi, di uno stato di tensione continuativo che lo rende sempre più rigido e insensibile. Solo quando finalmente possiamo mollare il tiro e ci cala l'adrenalina, ricordiamo di avere un corpo: un rottame di lamiere spalmato al suolo e tenuto insieme dalla forza di gravità. Con la ricomposizione dei pezzi di noi stessi emergono dolori mai immaginati insieme ad una stanchezza atavica che rende l'affrontarli una lotta contro il tempo. Il nostro tempo, cioè il passato.
Il corpo si è fatto carico di tutte le nostre resistenze di fronte alle situazioni e delle nostre memorie, e, poco per volta, ci tocca rielaborarle e lasciarle andare.
Cosa intendo? Partiamo dalla cosa più evidente: quante volte, a seguito di un periodo burrascoso, prestiamo attenzione alla stanchezza che ci assale e ce ne lamentiamo? Invece di focalizzarci sul fatto che il peggio è passato, non facciamo che ricordarlo insistentemente riportando il nostro corpo a quello stato di tensione. E ci sentiamo sempre più stanchi. Come se la palude delle nostre preoccupazioni (per altro risolte) fosse diventata parte integrante di noi stessi.
Più riportiamo il nostro tempo biologico nel passato e più il passato stesso diverrà il nostro presente.
Siamo rimasti così scossi e invischiati dal nostro dolore e dalle nostre paure da aver dimenticato che esistono altri piani di noi stessi che fanno capo al cuore e all'oggettività.
Spesso il labirinto di pensieri in cui ci siamo adagiati ci fa sentire più protetti della libertà.
Quella libertà che ci consente di guardare alle esperienze con distacco, riconoscendo le nostre fragilità per accoglierle.
Quella libertà che mette in luce i nostri attaccamenti per poterli lasciar andare.
Quella libertà che ci pone di fronte alle nostre paure per imparare ad affrontarle.
Quella libertà che ci apre alla gioia e al movimento, alla trasformazione e alla vita.
Foto Donatella Coda Zabetta
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